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Ci sedemmo dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti erano occupati.

lunedì 30 aprile 2012

Could it be worse?

Prefazione e dovuti ringraziamenti. 
Questo pezzo è frutto di un travaglio senza precedenti, sbocciato in un parto doloroso e non senza fatiche. Nulla di autoreferenziale, non del tutto come al solito. Una mistura di eventi, una canzone e qualche frase buttata a caso m'hanno riacceso l'ispirazione. Avevo promesso tempo fa che vi avrei propinato un altro dei miei racconti, ma per mesi non avete avuto altro che silenzio e qualche accenno di vita vera; bè insomma non che io sia una che mantiene sempre le promesse però .. questa volta l'ho fatto. Così ottanta chilometri in macchina mi hanno portata piano piano a vedere nella mia testa quanto state per leggere, sì le cose migliori mi vengono in mente quando sono oggettivamente impossibilitata a scrivere di getto. Ma è meglio così, altrimenti ci metterei troppo del mio e troppo poco di quello che serve per tenervi gli occhi incollati allo schermo. Questo pezzo dunque non potrebbe esistere senza l'aiuto formidabile della strada, dei Coldplay e di una nanerottola che mi spaccia titoli e immagini. Spero piaccia, anche a quello stalker che sta leggendo collegato da un cellulare android. ( Sì, vi vedo. So da dove vi collegate, cosa leggete e quanto tempo ci state su un post; forse stalker lo sono un po' anch'io. )
 Buona lettura.
Francine
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Era stato un viaggio piuttosto lungo quello che l'aveva portata ad appoggiare il sedere nudo su quel pezzo di legno umido. Quelle cinque ore secche di treno se le era vissute come un elefante potrebbe trascinarsi su un'altissima montagna, con l'unica differenza che un elefante probabilmente non sarebbe in grado di rastrellarsi l'anima con gli artigli di un utensile arrugginito. Fatto sta che oramai era lì, con una maglietta azzurra addosso e nient'altro; fin da bambina adorava sedersi sui tavoli con il piedi nudi appoggiati sulla sedia. Ed in quel momento aveva proprio l'aria di una bambina, quel visetto idiota incorniciato in una matassa indefinita di capelli color del grano non rendeva giustizia alla mole di ragionamenti che quella povera ragazza si portava appresso da mesi. Era Agosto, un caldo asfissiante che rendeva tutto viscido, salato, strisciante e puzzolente. Puzzava la pelle, puzzava il tavolo, puzzava la stanza: unico angolo di paradiso era quello spiffero di corrente che si insinuava tra le due finestre socchiuse; un fascio tagliente che come una spirale avvolgeva il suo corpo rendendolo così puro agli occhi di quel benedetto ragazzo che se ne stava in piedi davanti a lei. La pelle porosa di entrambi trasudava sesso, violenza e desiderio espresso solo in potenza. Tutta l'intenzionalità che nasceva in continuazione dalle loro pance subiva un'orribile inchiodata, compressa nello stretto spazio dei polpastrelli delle dita: immobili. Ed era il silenzio a fare da padrone, evidentemente non c'era altro che si potesse dire a parole, evidentemente bastavano i loro sguardi inespressivi per oppressione, inchiodati e stabilizzati l'uno nell'altro. Lei sollevò il tallone, lasciando che le dita del piede potessero strisciare sulla paglia della sedia, ne saggiava la consistenza prima di iniziare a tremare. Non ce la faceva più, oramai era troppo. La voglia nelle mani la stava uccidendo e persino il suo famigerato autocontrollo sembrava aver trovato la sua fine; e fu un attimo.  Un attimo che le fece perdere completamente la sua fottuta ragione, allungò la mano. Ed è lì che si giocò tutto, in quella misera frazione di secondo dove il tempo sembrava essersi fermato, la musica cresceva. Erano quei due unici accordi che continuavano a crescere, accompagnando così il battito del suo cuore che oramai sembrava essere ad un passo dall'esplosione, e lì credette davvero di morire. Per quanto si fosse ragionato, per quanto si fosse parlato, per quanto si fossero passate notti insonni a piangere e a chiedersi quanto fosse sbagliato anche solo pensarlo .. questo non era bastato. Quelle labbra si cercavano da troppo tempo per poter rimandare ancora, il sapore ed il gusto altrui era diventato una scoperta necessaria, un passaggio obbligato, un bisogno osceno e vergognoso da tenere nascosto. Ma da rendere reale. E così lì, si bruciò tutto quello che si poteva bruciare: fotografie, anelli, collane, magliette, lenzuola, doveri, promesse, ambizioni e grandi aspettative. Tutto morì in quell'istante di bruciante bisogno di sentir d'essere la necessità di qualcuno. Una folle ricerca di qualcosa di atteso e sognato, la seta tra le mani che cercano le increspature della pelle di quei corpi ardenti e bagnati, pronti in un istante a divenire una cosa sola. Una vampata e non rimane che il respiro spezzato, il bisogno soddisfatto. Nessun risultato inatteso, tutto calcolato.

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